#occhiapertivariante: approvata la variante parziale n. 2

Vergogna. Imbarazzo.

Sono i sentimenti che si porta con sé la variante parziale del PGT approvata dal consiglio comunale dopo un iter durato tre anni.

Chi ci segue sa bene che non ne abbiamo mai condiviso i caposaldi: nata (ufficialmente) per consentire la realizzazione del campo da baseball sui campi agricoli pluricentenari del Gaggiolo che però costituiscono il corridoio ecologico che funge da connessione fra i parchi naturali limitrofi, ha inserito interventi sugli ambiti della pianificazione rimasti inattuati nel PGT vigente, in particolare quello di via Cevedale-Pasubio, l’area verde più vasta ( 82.000 mq) su cui gravava una previsione di immobiliare di quasi 15.000 mq, ereditata dai precedenti strumenti urbanistici e rimasta sinora inattuata.

Sul corridoio ecologico abbiamo segnalato l’importanza di conservare la connessione fra aree naturali in modo da consentire il passaggio delle specie migratrici e gli spostamenti di molte altre specie animali, le conseguenze che avrebbe avuto la costruzione del campo da baseball soprattutto sulle rondini che nidificano nella contigua cascina Gaggiolo e che in quei prati trovano gli insetti di cui si alimentano ed il fango con cui costruiscono i loro nidi. Per non parlare delle conseguenze del disturbo antropico legate alla frequentazione della struttura sportiva su quella che prima era un’area naturale.

Di fronte a questi problemi appaiono davvero imbarazzanti le contromisure proposte fatte proprie negli argomenti di voto dai consiglieri: dall’utilizzo dell’erba naturale al posto del prato sintetico, solo un palliativo perché la biodiversità iniziale è comunque distrutta, al frutteto da piantare in tre anni sul margine del Naviglio che non aiuta le rondini che si nutrono di insetti e che comunque andrebbe a costituire un ecosistema diverso dal precedente ed in tempi molto lunghi. Intanto le rondini le avremo perdute per sempre.

Come ha scritto Paolo Pileri:

Un campo agricolo a fianco di un naviglio cinquecentesco è paesaggio. Paesaggio, tutelato dall’articolo 9 della Costituzione, che è bene comune. Un campo agricolo che ha mille anni è biodiversità, un campo da baseball ha zero biodiversità. Non dobbiamo farci trarre in inganno dalla parola campo. Un campo non vale l’altro.

Si è consumata davvero la tragedia culturale di cui parla Pileri, perché abbiamo assistito a decisori che spacciano per salvifica la funzione pubblica del campo da baseball rispetto alla perdita eterna di un bene ambientale, senza neppure più l’alibi dell’ignoranza perché abbiamo cercato di spiegare in tutti i modi le conseguenze negative di questa decisione sulle risorse ambientali, di una pianificazione degli impianti sportivi pubblici slegata da quella complessiva. Non è servito di fronte al pregiudizio ideologico che considera preminente l’attività sportiva rispetto a tutto il resto. 

Ai decisori che si trincerano dietro il parere favorevole dell’ARPA, che solo dice che nei documenti della variante sono state considerate le condizioni ambientali presenti nel Rapporto Ambientale, ricordiamo che è il minimo che si richiede dal punto di vista formale. Ma il problema sta proprio nel rapporto ambientale basato su dati non aggiornati e che comunque ha evidenziato delle criticità, ma viene usato come copertura decisionale con l’ipocrisia di ammettere nello stesso tempo che in sede di variante generale ci vorranno dati aggiornati.

C’è un altro elemento da considerare: il campo del Gaggiolo era dentro il perimetro del PLIS Est delle cave da cui è stato stralciato, perché tale vincolo non era compatibile con il campo da baseball. Si tratta di un precedente pericoloso: d’ora in poi tutti i comuni del parco sanno che possono variare in funzione delle proprie esigenze locali i limiti del parco che dunque non tutelano proprio nulla, come abbiamo sempre fatto rilevare. Anche in questo caso c’è il parere favorevole del comitato di gestione ma, come ben sa chi segue le vicende del parco, il progetto è stato presentato senza esporne gli elementi critici. E poi è ben difficile che qualcuno dei comuni dica di no ad un progetto, poiché sa che un domani potrebbe presentarne uno ed avrà bisogno del parere favorevole degli altri.

Scompariranno anche i campi di via Cevedale-Bassano: un lembo di verde agricolo ai margini del tessuto urbano ed affacciato sul parco delle cave su cui verranno realizzate palazzine per circa 11.000 mq. La possibilità di costruire su questi terreni era la pesante eredità dei dispositivi urbanistici del passato, rimasta però inattuata per decenni. Si sarebbe potuto scegliere, di fronte alle richieste degli immobiliaristi, di conservare i prati perché i diritti edificatori non sono affatto diritti acquisiti. Era scelta che implicava coraggio, perché avrebbe impegnato l’amministrazione in un contezioso giuridico, i cui esiti non possono però essere definiti a priori “soccombenti” dal momento che ci sono ormai diversi precedenti giuridici che hanno considerato prevalenti gli interessi pubblici di tutela dei beni ambientali rispetto a quelli immobiliari. Sarebbe stato probabilmente oneroso ma, di fronte ad un avanzo di bilancio di quasi sei milioni di euro, si può pensare di spenderne una parte per salvare dei beni comuni, magari chiedendo con trasparenza il parere alla cittadinanza. In questi tre anni c’era tutto il tempo.

Invece abbiamo assistito ad una giunta che si fa dettare le delibere ed i tempi dagli immobiliaristi e spaccia la riduzione di superfice immobiliare edificabile del 25% come una conquista ambientale, non considerando che il male minore appartiene sempre alla categoria del male perché i campi non ci saranno più. 

Ci hanno detto che ci saranno 120 persone in meno rispetto a quelle previste inizialmente, ma pensate che questo basti? Nei giorni crudi dell’emergenza caldo e siccità legata ai cambiamenti climatici prodotto del riscaldamento globale vedere approvare un provvedimento che cancella aree verdi è davvero distopico.

C’è un altro aspetto si cui occorre soffermarsi: gli immobiliaristi accettano, anzi sono loro stessi a proporre, la riduzione del 25% della superficie edificabile in cambio della cancellazione della quota di edilizia convenzionata. E l’amministrazione accetta, non solo, fa propri gli argomenti usati nell’istanza degli operatori evidenziando nella delibera di adozione del provvedimento come l’edilizia convenzionata dia adito a comportamenti elusivi o speculativi.

Il riferimento è particolarmente grave poiché l’Amministrazione non può Iimitarsi ad una generica indicazione ma, se ne ha effettivo riscontro, deve dar seguito ad azioni conseguenti di denuncia e regolazione. In caso contrario si tratta di illazioni che non possono stare alla base di un dispositivo amministrativo, che per di più dichiara un “interesse pubblico”. 

Abbiamo tutti ascoltato nel consiglio comunale le balbettanti giustificazioni a questo riguardo secondo cui si tratta di episodi isolati e ben noti. Eppure sono stati usati come base argomentativa per un’istanza e poi per una delibera. E ancora, perché se questi argomenti sono validi per via Cevedale, non valgono pure per l’altro comparto immobiliare di via Brescia?

Come conseguenza ci saranno in via Cevedale appartamenti prestigiosi vista parco di edilizia residenziale, in via Brescia l’edilizia convenzionata vista zona industriale dismessa.

Infine ma non ultima l’ipocrisia con cui si dichiara che la costruzione di palazzine per 11.000 mq non è consumo suolo. La realtà fattuale è che ieri c’erano i campi, domani non ci saranno più, il suolo consumato non si rigenera.

Poi, siamo nelle terre di Manzoni e ricordiamo tutti l’azzeccagarbugli, e dunque è gioco facile dire che rispetto a quanto già previsto dal PGT non c’è consumo di suolo e che l’intervento è compatibile con le normative regionali di riduzione del consumo di suolo e con il Piano Territoriale Metropolitano. Ma noi ricordiamo bene l’artificio che si portava dietro il PGT del 2010 considerato a consumo di suolo zero, pur avendo al suo interno molti comparti edificabili, via Cevedale compreso, perché tale consumo veniva in qualche modo bilanciato dalle compensazioni e dal fatto che alcune trasformazioni previste, pur sottraendo aree libere, ricadevano entro il tessuto urbano consolidato. 

Eppure la raccomandazione di monitorare tutti gli interventi immobiliari c’era, ma non ne abbiamo trovato traccia, come non è stato possibile sapere se il comune utilizzi l’applicativo regionale SIMON per il monitoraggio attuativo dei PGT, né conoscere il bilancio di consumo del suolo di Cernusco perché il PGT è stato approvato prima della legge regionale 31 che lo prescrive a partire dal 2014.

Beata ignoranza.

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1 commento

  1. Daniele

    La nostra battaglia contro questo scempio non si è esaurita col voto in consiglio comunale ma proseguirà in altri uffici.