Mai così basso il livello della falda: spiagge inedite e massi affioranti al lago degli Aironi testimoniano un abbassamento del livello dell’acqua di alcuni metri, come non si ricordava da molti anni. L’intensa attività estrattiva, che ancora interessa l’area ovest del lago, aveva portato a far emergere la falda che può quindi essere osservata direttamente nelle sue variazioni stagionali.
I dati idrogeologici (fermi al 2008!) indicano per Cernusco escursioni stagionali di circa 4 metri, ma sarebbe importante avere rilevazioni più recenti, in particolare per gli ultimi due anni caratterizzati da precipitazioni ridotte, che aiutino a capire l’andamento della soggiacenza e valutare quali interventi mettere in atto.
L’amministrazione di Cernusco conosce bene i pozzi (pubblici e privati) ed i piezometri presenti sul territorio, dunque si tratta di dati di facile reperibilità ed estrema utilità per ricostruire l’andamento delle serie storiche comparate agli ultimi anni.
Chiediamo dunque all’amministrazione di utilizzare le analisi ricavate su tali dati come base per definire azioni mirate sul territorio e non limitarsi ad interventi estemporanei volti a ridurre lo stress idrico delle alberature.
La messa a disposizione dei dati sulla falda costituisce un elemento di trasparenza, perché non ci stancheremo mai di ricordarlo, i dati stanno alla base dell’informazione da cui deriva la conoscenza (Elinor Ostrom, premio Nobel per l’Economia).
è da tempo che pensavo di scriverLe per sottoporre alla Sua attenzione alcune osservazioni che nascono dalla considerazione che il sindaco, nell’assumere la carica di primo cittadino, diventa il sindaco di tutti e, se non ricordo male, è stata anche la sua promessa.
Il cosiddetto Sindaco di tutti dovrebbe essere responsabile del benessere di tutti i suoi concittadini:
TUTTI……………. e non soltanto della parte che l’ha votato.
TUTTI……………. e non soltanto di ciclisti e sportivi, ai quali Lei dedica tanto tempo, tante attenzioni e per i quali viene speso molto denaro che però arriva da TUTTI I CITTADINI, anche di quelli anziani dei quali Lei e la Sua Amministrazione sembrate esservi dimenticati.
Cittadini che spesso sono messi in difficoltà proprio dalle disposizioni imposte dalla gestione del servizio di igiene urbana approvato dall’amministrazione.
La invito dunque, a riflettere su come dovrebbe intervenire il SINDACO DI TUTTI, modificando finalmente il regolamento sull’Equo Sacco, almeno nelle sue parti più inadeguate tenendo conto che:
la popolazione di Cernusco è composta in gran parte da:
persone anziane,
persone che non guidano
persone che non vanno in bicicletta,
che non hanno nessuno che le aiuti e che le porti in discarica a buttare ciò che CEM non raccoglie porta a porta.
Il sistema di raccolta della spazzatura, adottato per Cernusco nel 2016 e mai sinora modificato o ripensato, è palesemente iniquo perché non tiene in nessun conto le categorie che le ho ricordato che vengono così discriminate e messe in difficoltà, sebbene paghino anche loro le imposte sui rifiuti. Avrebbero perciò diritto, come tutti, di affidare i rifiuti al servizio di igiene urbana nel rispetto delle regole. Ma non sempre questo è possibile, specie per alcune tipologie di rifiuti e chi non può si arrangia, dal momento che le disposizioni del regolamento di igiene urbana non sono sempre compatibili con tutte le categorie di cittadini.
Le faccio un esempio che mi auguro chiarisca il concetto:
– se un’Amministrazione stabilisse che il pattume vada riportato in cima al monte Bianco, è ovvio che non lo farà nessuno.
– se tali disposizioni non venissero osservate, la colpa non potrebbe essere attribuita al cittadino oggettivamente impossibilitato, ma al cattivo decisore ed estensore delle regole.
Per chi, come me, non guida, non va in bici, non ha nessuno che la possa accompagnare, la piattaforma ecologica CEM è come il Monte Bianco.
È vero che ci sono i cittadini disordinati per vocazione o per calcolo, ma non si possono penalizzare tutti per colpa di costoro.
Dunque:
è l’Amministratore che deve predisporre regole per migliorare la qualità della vita ed utili alla nostra comunità, accompagnate da un sistema di controlli e sanzioni per chi non le rispetta.
Ma l’amministrazione fa l’esatto contrario.
Alcuni esempi:
Tra i tanti articoli che dovrebbero essere riportati in discarica c’è per esempio l’olio usato domestico, presentein tutte le nostre cucine, ma che è uno dei peggiori inquinanti, come ci è stato ampiamente spiegato e che va portato nell’apposto contenitore della piattaforma ecologica.
Ma Lei sa, Sindaco, come fanno le persone che non possono andare in discarica a buttare questo olio? Io, che parlo con i miei vicini e concittadini, non con i suoi interlocutori privilegiati, so che in moltissimi casi finisce nel W.C. o nel lavandino.
L’elenco dei materiali difficili da smaltire è lungo, segnalo solo la bulloneria, le cartucce della stampante, i piccoli elettrodomestici rotti ed i materiali elettrici.
Le disposizioni amministrative finiscono così per produrre comportamenti scorretti, invece che favorire buone pratiche rispettose dell’ambiente.
Insieme ai problemi, vorrei esporle anche delle possibili soluzioni:
accordi con negozi e supermercati, come già avviene per la raccolta delle pile esauste, che mettano a disposizione contenitori dedicati come accade in tante altre città;
dei punti di ritiro (come già fatto con quelli dedicati alla raccolta degli abiti usati) posti in vari punti del paese (ottima sarebbe la piazza del mercato).
Queste proposte, che sarebbero davvero semplici da mettere in atto, erano state avanzate sin dal 2016, ma non sono mai state realizzate. Perché? Forse è un problema di costi che dovrebbero sostenere gli esercizi commerciali? A questo riguardo l’amministrazione potrebbe pensare a tariffe agevolate o pubblicità dedicate per quei negozi che si prestassero alla raccolta dei rifiuti da eliminare (compatibile con la tipologia dei prodotti da loro venduti).
A Voi decisori compete trovare le soluzioni più idonee.
Le ho scritto questa mia lettera aperta, perché forse – a breve – verrà ridiscusso il contratto di servizio per la raccolta dei rifiuti e penso che questi problemi riguardino tutta la nostra comunità. Spero perciò che Lei voglia accettare questi consigli da una semplice cittadina di Cernusco e dare una risposta che esponga soluzioni che rendano il servizio migliore per tutti.
Poiché vorrei avere anche un riscontro diretto e personale a questa mia lettera aperta, ma non attraverso i social che non frequento, le riporto anche la mia mail.
La giornata mondiale dell’acqua, 22 marzo, quest’anno arriva in un momento di forte criticità come mai è capitato, almeno nel nostro Paese.
La siccità dell’estate scorsa, le piogge quasi assenti nell’inverno appena finito, la primavera che non promette nulla di buono, da questo punto di vista, ci fanno toccare con mano quanto questa risorsa sia importante, sia essenziale per la nostra vita, la nostra economia, il nostro ecosistema.
L’abbiamo sempre data per scontata, per inesauribile, al punto che ci permettiamo di sprecarne una quantità incredibile (in Italia viene sprecato il 40% dell’acqua potabile!), di consumarla senza controllo (223 litri pro-capite in Italia, 291 a Cernusco !!).
Ora anche il Governo nazionale sta correndo ai ripari, emanando norme e decreti di cui avremo modo di verificare l’efficacia. Ci aspettiamo lo stesso dalla nostra Amministrazione locale, che pare essere sempre un po’ in ritardo su questi aspetti e talvolta anche poco precisa e attenta nelle soluzioni adottate.
Ce ne eravamo già occupati la scorsa estate qui, avevamo messo in dubbio l’efficacia dei provvedimenti emanati e avanzato delle proposte che sono senz’altro di lungo respiro, ma che se mai si iniziano, mai porteranno beneficio alla comunità.
In conclusione, se da un lato tutti dobbiamo impegnarci per un uso responsabile e attento della risorsa acqua, dall’altro ribadiamo la necessità di intraprendere un percorso virtuoso con norme e regole che solo l’Amministrazione comunale può emettere, se vogliamo almeno mitigare i danni che i cambiamenti climatici, peraltro sempre causati dalla nostra civiltà industriale e consumistica, ci stanno mostrando.
Fine anno, tempo di bilanci, anche per il parco Est delle Cave, il parco che, istituito nel 2009, solo negli ultimi anni ha visto iniziative volte alla sua valorizzazione.
Sono ancora pochi quelli che lo conoscono e, soprattutto, ne frequentano gli ambiti più significativi dal punto di vista ambientale. Proprio per favorire una maggiore conoscenza e divulgazione abbiamo istituito, in collaborazione con il comitato di gestione del parco, il concorso “La Fotografia e l’arte nel Parco Est delle Cave”, giunto quest’anno alla sua seconda edizione, con un significativo incremento di partecipanti e qualità dei materiali, che però hanno evidenziato e confermato come l’unica vera realtà riconosciuta sia il parco Increa di Brugherio e che ci sia ancora molto lavoro perché le nostre comunità ne percepiscano le valenze naturali, le azioni necessarie alla difesa della biodiversità ed alla salvaguardia di ecosistemi continuamente messi a rischio dalla inarrestabile riduzione delle aree verdi, dall’attività estrattiva e dall’inquinamento ambientale.
Cercheremo quindi con la prossima edizione del concorso di focalizzare l’attenzione su questi aspetti.
Un altro aspetto riguarda le attività istituzionali e la loro programmazione. A questo riguardo è molto utile far riferimento al bilancio annuale di recente approvato dal comitato di gestione e su cui, come componenti del Forum di partecipazione, siamo stati chiamati ad esprimere il nostro parere.
Finalmente, da due anni a questa parte, l’entità delle cifre stanziate (88.000 €) consente di uscire dalla mera gestione amministrativa, anche se permangono numerose questioni inevase che, al contrario, non consentono di avere una visione di lungo respiro in relazione all’identità ambientale del parco.
A nostro avviso è molto grave che non siano ancora state realizzate, e mancano ancora nel bilancio, le attività legate allo Sviluppo delle Conoscenze, in particolare gli studi delle presenze e delle potenzialità faunistiche e floristiche/ vegetazionali, gli studi sul mondo agricolo, censimento e recupero conoscenze su cascine manufatti rurali, emergenze storiche e architettoniche per i quali il PPI prevede 35.000€.
La mancanza anche quest’anno di fondi dedicati agli studi necessari per realizzare una base conoscitiva scientifica e storico-architettonica su cui sviluppare una corretta azione di tutela e di valorizzazione impedisce di sviluppare interventi coordinati e pianificati all’interno di una definita visione del parco.
Nel 2023 le spese di gestione coprono il 53% del totale e riguardano la segreteria (21.000€), l’amministrazione, la progettazione ed organizzazione del parco (26.000€). Con questo ordine di grandezza di spesa si può finalmente pensare ad un Direttore del Parco con una specifica formazione e non più individuato al di fuori della dotazione organica dei Comuni, come segnaliamo da diversi anni. L’occasione del prossimo pensionamento del funzionario capo dell’ufficio tecnico di Cernusco che ora svolge questa funzione fornisce l’opportunità di cercare una figura con queste caratteristiche.
Vorremmo inoltre richiamare l’attenzione sulla necessità che gli aggiornamenti cartografici (5.000€ in bilancio) forniscano dati certi e soprattutto comparabili e coerenti con quelli elaborati da altre istituzioni, per evitare quanto accaduto con la variante parziale del PGT di Cernusco, recentemente approvata, ove il totale dei metri quadri complessivi del Parco Est delle Cave attribuiti al comune di Cernusco secondo la convenzione risulta diverso da quello inserito nel computo della variante.
Ricordiamo infine che i PLIS costituiscono un sistema di tutela “debole”, modificabile in funzione delle scelte di pianificazione comunale in cui è possibile integrare – ma anche sottrarre – aree al perimetro del parco, come è accaduto per il corridoio ecologico del Gaggiolo.
Interventi di questo tipo vengono presentati in comitato di gestione prima della discussione e del confronto previsto dalla normativa urbanistica per l’adozione, laddove tutti gli altri soggetti (istituzionali e non) partecipano alla valutazione in sede di osservazioni. Si tratta a nostro avviso di un’anomalia.
Questi elementi ci hanno portato ad esprimere un parere negativo sul bilancio del parco, sebbene abbiamo apprezzato l’incremento di spesa verso voci non legate alla mera gestione.
Nel complesso c’è dunque molto da fare, soprattutto riguardo alla crescita dell’identità ed alla riconoscibilità del parco, aspetti su cui saremo ancora impegnati il prossimo anno.
Infine, ma non ultima indicazione, segnaliamo il rinnovo del bando per la partecipazione al Forum consultivo di Partecipazione, l’organo cui partecipano anche le associazioni del territorio, insieme alle componenti istituzionali. La scadenza del bando è il prossimo 1 febbraio 2023 (nella home page del parco Est delle cave tutti i dettagli)
Per chi volesse conoscere con maggiore dettaglio il nostro parere lo trovate qui.
Il 5 dicembre, giornata dedicata al suolo su iniziativa delle le Nazioni Unite e la FAO per far crescere la consapevolezza sulla sua importanza per la vita umana, è stato praticamente ignorato, sebbene l’erosione di suolo libero costituisca ormai un’emergenza: l’Italia perde 2 metri quadri di suolo al secondo e la progressiva impermeabilizzazione del territorio, collegata all’intensificazione dei fenomeni meteo estremi, determina conseguenze devastanti sulle aree più fragili.
Anche a Cernusco la giornata del suolo è passata sotto silenzio, un silenzio assordante dopo l’approvazione estiva della variante del Piano di Governo del Territorio con cui verranno costruiti sui prati di via Cevedale più di 10.000 mq di palazzi e un nuovo campo da baseball prenderà il posto del secolare campo del Gaggiolo.
Il tutto però, ci raccontano, a consumo di suolo zero, perché i campi di via Cevedale erano già considerati edificabili dal vecchio piano regolatore e il PGT non ne ha modificato la destinazione e dunque, dal punto di vista teorico, non c’è consumo di suolo. Una narrazione mistificante: la realtà è che fra qualche mese al posto dei campi verdi vedremo palazzi e al posto del prato del Gaggiolo dove cacciano gli insetti le rondini che nidificano nella vicina cascina, un campo da baseball. E nessuna compensazione potrà restituirceli.
Dal 2011, anno di approvazione del PGT, sono cambiate molte cose, soprattutto è cresciuta la consapevolezza culturale delle conseguenze che la perdita di aree verdi determina per l’ambiente e le comunità. In dieci anni e, soprattutto, nei tre anni di discussione sulla variante si potevano mettere in atto misure volte a preservare le aree verdi di Cernusco per sottrarle alla speculazione immobiliare e per evitare consumo di suolo per realizzare strutture che avrebbero potuto essere costruite su aree di minor pregio ambientale.
Sarebbe stata una scelta onerosa per il contenzioso da sostenere con gli immobiliaristi sui mancati guadagni, ma sono ormai diverse le amministrazioni coraggiose che hanno visto riconosciuta dal punta di vista giuridico la volontà di preservare le aree verdi rimaste come di interesse preminente per la comunità rispetto agli interessi privati.
Ma in gioco non ci sono solo gli interessi privati: capita che vengano sacrificate aree ancora verdi anche per strutture pubbliche. È accaduto con il polo scolastico di via Goldoni realizzato sui prati della cascina Galanta, accadrà per il già citato campo da baseball sui prati del Gaggiolo ed è in programma per il giardino della scuola primaria del plesso di via Don Milani su cui verrà costruito un nuovo nido.
Che siano strutture di pubblica utilità non cambia la sostanza: è il verde che sarà cancellato per sempre e con il verde perderemo la biodiversità che porta con sé.
Consideriamo grave la mancata valutazione delle alternative: in tutti i casi citati non sono state prese in considerazione soluzioni che prevedessero il riuso di altre aree già compromesse, di minor pregio ambientale o funzionalità sociale.
Realizzare il nuovo nido a spese del giardino della scuola primaria è l’indicatore esplicito di come vengano considerate le aree verdi e la biodiversità: significa che sono una merce a disposizione, da poter utilizzare in funzione di esigenze private e pubbliche.
Ma i beni ambientali sono beni comuni, non sono a disposizione: devono essere tutelati e, soprattutto, devono essere valutate tutte le alternative praticabili per la loro conservazione.
Il giardino della scuola di via Don Milano ha avuto il merito di rompere il silenzio sul consumo di suolo, ha fatto capire cosa significhi perdere un prato, perdere gli alberi sotto cui si gioca, reso palesi le conseguenze della perdita della funzione sociale di un bene ambientale.
Bene Comune Cernusco condivide le perplessità dei genitori del consiglio d’Istituto e del Comitato dei Genitori dell’Istituto Rita Levi Montalcini che chiedono all’amministrazione un ripensamento ed una più attenta valutazione del progetto.
Queste calde e assolate giornate di fine ottobre ci fanno naturalmente piacere, perché si sta meglio al sole che sotto la pioggia o al freddo, perché risparmiamo energia (corrente elettrica o gas, costosissimi di questi tempi), perché rinforzare l’abbronzatura anche solo stendendosi sull’erba del parco ci fa sentire ancora in vacanza.
Sappiamo bene che tutto ciò non è normale, ma forse non ce ne preoccupiamo più di tanto. Sbagliando, dovremmo essere invece molto preoccupati.
Le temperature medie minime e massime di questo ottobre 2022 sono di circa 3.5° C superiori alle corrispondenti medie degli ultimi 30 anni (1991-2021) e circa 5°C superiori alle media dei 30 anni precedenti (1961-1990). Naturalmente questa non è una prova diretta che il nostro pianeta si sta lentamente riscaldando, però è uno dei sintomi che qualcosa sta avvenendo, che l’equilibrio precedente si sta (velocemente) spostando. Riscaldamenti e raffreddamenti del pianeta ci sono sempre stati, ma avevano tempistiche infinitamente più lunghe, non si vedevano gli effetti confrontando 30 anni con i 30 anni precedenti, servivano 3.000, forse 10.000 anni per notare variazioni di questa entità.
Se poi prendiamo in considerazione le precipitazioni di questo mese eccezionale, ci sono state (a Cernusco) 4 giornate in cui è piovuto, con un totale di circa 15 mm di pioggia. Le medie pluviometriche di ottobre, sia negli ultimi 30 anni, sia nei 30 anni precedenti, danno un valore costante di circa 100 mm: capite che l’emergenza idrica, tanto evidente nei mesi estivi appena passati, non si è per niente conclusa, anzi, si sta aggravando sempre più e ci preannuncia qualche criticità anche per l’anno prossimo.
Non è finita. Grazie all’anticiclone africano, che mantiene il cielo sereno e alza le temperature, si sono create in valpadana le condizioni giuste per l’accumulo degli inquinanti. Durante il mese di ottobre, si è superato ben 9 volte (di cui 8 consecutive) il limite di legge (D.Lgs 155/2010) di 50 µg/m3 per le PM10 (la norma ammette il superamento della soglia per 35 giorni all’anno), mentre le PM2.5 hanno superato la soglia dei 25 µg/m3 per almeno 10 giorni, con una media durante il mese di 24.9, pericolosamente vicina al valore massimo richiesto dalla norma (25µg/m3).
Inoltre, si tenga conto che l’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, ha emesso nel 2021 le nuove soglie per tutti gli inquinanti. Per le PM10 e PM2.5 i nuovi valori sono particolarmente stringenti: 45 µg/m3 giornalieri e 15 come media annuale per PM10; 15 µg/m3 giornalieri e 5 come media annuale per le PM2.5. Le leggi nazionali dei singoli Paesi dovranno recepire le nuove soglie nella propria legislazione, anche gradualmente, e vedete bene quanto sarà difficile per noi avvicinarsi a quei valori.
Cosa possiamo fare? Da soli, forse ben poco. Ma certamente dobbiamo almeno assumerci la responsabilità di capire quali dei nostri comportamenti sono più dannosi e, tutti assieme, cambiarli. E soprattutto dobbiamo pretendere che ci governa, a tutti i livelli, capisca la gravità della situazione e prenda i provvedimenti opportuni. Subito.
Sono i sentimenti che si porta con sé la variante parziale del PGT approvata dal consiglio comunale dopo un iter durato tre anni.
Chi ci segue sa bene che non ne abbiamo mai condiviso i caposaldi: nata (ufficialmente) per consentire la realizzazione del campo da baseball sui campi agricoli pluricentenari del Gaggiolo che però costituiscono il corridoio ecologico che funge da connessione fra i parchi naturali limitrofi, ha inserito interventi sugli ambiti della pianificazione rimasti inattuati nel PGT vigente, in particolare quello di via Cevedale-Pasubio, l’area verde più vasta ( 82.000 mq) su cui gravava una previsione di immobiliare di quasi 15.000 mq, ereditata dai precedenti strumenti urbanistici e rimasta sinora inattuata.
Sul corridoio ecologico abbiamo segnalato l’importanza di conservare la connessione fra aree naturali in modo da consentire il passaggio delle specie migratrici e gli spostamenti di molte altre specie animali, le conseguenze che avrebbe avuto la costruzione del campo da baseball soprattutto sulle rondini che nidificano nella contigua cascina Gaggiolo e che in quei prati trovano gli insetti di cui si alimentano ed il fango con cui costruiscono i loro nidi. Per non parlare delle conseguenze del disturbo antropico legate alla frequentazione della struttura sportiva su quella che prima era un’area naturale.
Di fronte a questi problemi appaiono davvero imbarazzanti le contromisure proposte fatte proprie negli argomenti di voto dai consiglieri: dall’utilizzo dell’erba naturale al posto del prato sintetico, solo un palliativo perché la biodiversità iniziale è comunque distrutta, al frutteto da piantare in tre anni sul margine del Naviglio che non aiuta le rondini che si nutrono di insetti e che comunque andrebbe a costituire un ecosistema diverso dal precedente ed in tempi molto lunghi. Intanto le rondini le avremo perdute per sempre.
Come ha scritto Paolo Pileri:
Un campo agricolo a fianco di un naviglio cinquecentesco è paesaggio. Paesaggio, tutelato dall’articolo 9 della Costituzione, che è bene comune. Un campo agricolo che ha mille anni è biodiversità, un campo da baseball ha zero biodiversità. Non dobbiamo farci trarre in inganno dalla parola campo. Un campo non vale l’altro.
Si è consumata davvero la tragedia culturale di cui parla Pileri, perché abbiamo assistito a decisori che spacciano per salvifica la funzione pubblica del campo da baseball rispetto alla perdita eterna di un bene ambientale, senza neppure più l’alibi dell’ignoranza perché abbiamo cercato di spiegare in tutti i modi le conseguenze negative di questa decisione sulle risorse ambientali, di una pianificazione degli impianti sportivi pubblici slegata da quella complessiva. Non è servito di fronte al pregiudizio ideologico che considera preminente l’attività sportiva rispetto a tutto il resto.
Ai decisori che si trincerano dietro il parere favorevole dell’ARPA, che solo dice che nei documenti della variante sono state considerate le condizioni ambientali presenti nel Rapporto Ambientale, ricordiamo che è il minimo che si richiede dal punto di vista formale. Ma il problema sta proprio nel rapporto ambientale basato su dati non aggiornati e che comunque ha evidenziato delle criticità, ma viene usato come copertura decisionale con l’ipocrisia di ammettere nello stesso tempo che in sede di variante generale ci vorranno dati aggiornati.
C’è un altro elemento da considerare: il campo del Gaggiolo era dentro il perimetro del PLIS Est delle cave da cui è stato stralciato, perché tale vincolo non era compatibile con il campo da baseball. Si tratta di un precedente pericoloso: d’ora in poi tutti i comuni del parco sanno che possono variare in funzione delle proprie esigenze locali i limiti del parco che dunque non tutelano proprio nulla, come abbiamo sempre fatto rilevare. Anche in questo caso c’è il parere favorevole del comitato di gestione ma, come ben sa chi segue le vicende del parco, il progetto è stato presentato senza esporne gli elementi critici. E poi è ben difficile che qualcuno dei comuni dica di no ad un progetto, poiché sa che un domani potrebbe presentarne uno ed avrà bisogno del parere favorevole degli altri.
Scompariranno anche i campi di via Cevedale-Bassano: un lembo di verde agricolo ai margini del tessuto urbano ed affacciato sul parco delle cave su cui verranno realizzate palazzine per circa 11.000 mq. La possibilità di costruire su questi terreni era la pesante eredità dei dispositivi urbanistici del passato, rimasta però inattuata per decenni. Si sarebbe potuto scegliere, di fronte alle richieste degli immobiliaristi, di conservare i prati perché i diritti edificatori non sono affatto diritti acquisiti. Era scelta che implicava coraggio, perché avrebbe impegnato l’amministrazione in un contezioso giuridico, i cui esiti non possono però essere definiti a priori “soccombenti” dal momento che ci sono ormai diversi precedenti giuridici che hanno considerato prevalenti gli interessi pubblici di tutela dei beni ambientali rispetto a quelli immobiliari. Sarebbe stato probabilmente oneroso ma, di fronte ad un avanzo di bilancio di quasi sei milioni di euro, si può pensare di spenderne una parte per salvare dei beni comuni, magari chiedendo con trasparenza il parere alla cittadinanza. In questi tre anni c’era tutto il tempo.
Invece abbiamo assistito ad una giunta che si fa dettare le delibere ed i tempi dagli immobiliaristi e spaccia la riduzione di superfice immobiliare edificabile del 25% come una conquista ambientale, non considerando che il male minore appartiene sempre alla categoria del male perché i campi non ci saranno più.
Ci hanno detto che ci saranno 120 persone in meno rispetto a quelle previste inizialmente, ma pensate che questo basti? Nei giorni crudi dell’emergenza caldo e siccità legata ai cambiamenti climatici prodotto del riscaldamento globale vedere approvare un provvedimento che cancella aree verdi è davvero distopico.
C’è un altro aspetto si cui occorre soffermarsi: gli immobiliaristi accettano, anzi sono loro stessi a proporre, la riduzione del 25% della superficie edificabile in cambio della cancellazione della quota di edilizia convenzionata. E l’amministrazione accetta, non solo, fa propri gli argomenti usati nell’istanza degli operatori evidenziando nella delibera di adozione del provvedimento come l’edilizia convenzionata dia adito a comportamenti elusivi o speculativi.
Il riferimento è particolarmente grave poiché l’Amministrazione non può Iimitarsi ad una generica indicazione ma, se ne ha effettivo riscontro, deve dar seguito ad azioni conseguenti di denuncia e regolazione. In caso contrario si tratta di illazioni che non possono stare alla base di un dispositivo amministrativo, che per di più dichiara un “interesse pubblico”.
Abbiamo tutti ascoltato nel consiglio comunale le balbettanti giustificazioni a questo riguardo secondo cui si tratta di episodi isolati e ben noti. Eppure sono stati usati come base argomentativa per un’istanza e poi per una delibera. E ancora, perché se questi argomenti sono validi per via Cevedale, non valgono pure per l’altro comparto immobiliare di via Brescia?
Come conseguenza ci saranno in via Cevedale appartamenti prestigiosi vista parco di edilizia residenziale, in via Brescia l’edilizia convenzionata vista zona industriale dismessa.
Infine ma non ultima l’ipocrisia con cui si dichiara che la costruzione di palazzine per 11.000 mq non è consumo suolo. La realtà fattuale è che ieri c’erano i campi, domani non ci saranno più, il suolo consumato non si rigenera.
Poi, siamo nelle terre di Manzoni e ricordiamo tutti l’azzeccagarbugli, e dunque è gioco facile dire che rispetto a quanto già previsto dal PGT non c’è consumo di suolo e che l’intervento è compatibile con le normative regionali di riduzione del consumo di suolo e con il Piano Territoriale Metropolitano. Ma noi ricordiamo bene l’artificio che si portava dietro il PGT del 2010 considerato a consumo di suolo zero, pur avendo al suo interno molti comparti edificabili, via Cevedale compreso, perché tale consumo veniva in qualche modo bilanciato dalle compensazioni e dal fatto che alcune trasformazioni previste, pur sottraendo aree libere, ricadevano entro il tessuto urbano consolidato.
Eppure la raccomandazione di monitorare tutti gli interventi immobiliari c’era, ma non ne abbiamo trovato traccia, come non è stato possibile sapere se il comune utilizzi l’applicativo regionale SIMON per il monitoraggio attuativo dei PGT, né conoscere il bilancio di consumo del suolo di Cernusco perché il PGT è stato approvato prima della legge regionale 31 che lo prescrive a partire dal 2014.
A quindici giorni dall’ordinanza che vieta l’utilizzo dell’acqua potabile per irrigare i prati il chiarimento promesso dal sindaco non è arrivato e sono rimasti i dubbi: secondo un’interpretazione restrittiva alcuni condomìni hanno bloccato l’irrigazione per timore di multe, altri cittadini si interrogano su cosa sia possibile fare.
Intanto cortili e giardini diventano secchi.
Cernusco e tutto l’hinterland milanese non è in emergenza idrica, problema grave che affligge altre aree della Pianura Padana. L’acqua della nostra rete arriva da pozzi che pescano acque sotterranee, meno dipendenti, rispetto alle acque superficiali, dalle crisi idriche. Chiaramente occorre monitorare con continuità gli effetti dei prelievi, ma sia il gruppo CAP che MM, gestori del servizio idrico integrato della Città metropolitana di Milano, dichiarano “al momento i cittadini della Città metropolitana di Milano non hanno motivi di preoccupazione rispetto all’acqua che sgorga dai loro rubinetti”.
Dunque se il richiamo ad un uso attento dell’acqua è del tutto opportuno, anzi necessario, è invece insensato il divieto di irrigare i prati che finisce per condannare a morte anche le altre piante delle aiuole alimentate dallo stesso sistema di irrigazione.
E comunque perché i prati devono morire di sete? Questo divieto implica che l’uso dell’acqua per irrigare i prati sia uno spreco. Impostazione concettualmente sbagliata e pure in contraddizione con quelle pratiche di sostenibilità perseguite solo pochi mesi fa per cui i prati erano considerati utili alla biodiversità ed elemento paesaggisticamente così rilevante da costituire l’immagine guida della città.
L’acqua usata per irrigare le aree verdi NON è uno spreco, l’eventuale eccesso ritorna in falda e non va perduta.
Dunque perché spegnere gli impianti? Pagheremo care le conseguenze in termini ambientali prodotte dalle aree riarse rispetto ai costi dell’acqua spesi per irrigare i prati.
Queste ordinanze, a Cernusco come a Milano, affrontano una situazione di emergenza, per altro denunciata da mesi, in modo improvvisato, senza approfondimenti di contesto e senza introdurre reali interventi strutturali.
Come già segnalato occorre un rafforzamento delle reti, la loro manutenzione e la realizzazione di un sistema duale dove la preziosa acqua potabile abbia una linea distinta dalla rete delle acque di recupero (reflue e meteoriche) per l’utilizzo quotidiano domestico, agricolo ed industriale. Il Gruppo CAP è una società a capitale pubblico partecipata dagli Enti Locali, dunque anche Cernusco ha la sua quota e deve far sentire la sua voce.
La siccità è solo uno degli aspetti del riscaldamento globale, che va affrontato anche a livello locale con azioni strutturate e coordinate. Torniamo dunque segnalare la necessità di un
Insieme al caldo, esplode anche l’emergenza siccità. La Lombardia dichiara con una ordinanza lo ‘stato di emergenza regionale’ sino al 30 settembre 2022 a causa della criticità idrica nel territorio regionale ed invita i comuni a disporre analoghe misure locali.
Così anche Cernusco si adegua ed il sindaco neoeletto emette un’ordinanza di divieto di prelievo di acqua potabile per:
l’annaffiatura di prati pubblici e privati, con l’esclusione dell’irrigazione destinata a nuovi impianti di alberi, arbusti, aiuole e opere pubbliche;
il lavaggio di cortili e piazzali, fatto salvo le operazioni di lavaggio organizzato di aree stradali e spazi per il mantenimento dell’igiene pubblica;
il lavaggio di veicoli privati, ad esclusione di quello svolto dagli impianti di autolavaggio;
il riempimento di fontane ornamentali, vasche da giardino e piscine su aree private;
tutti gli usi diversi da quello alimentare, domestico ed igienico.
L’ordinanza riprende quasi interamente lo schema regionale, con qualche integrazione che si presta a creare fraintendimenti.
Prendiamo il divieto di prelievo di acqua per annaffiare prati pubblici e privati che attenua il dettato regionale dando però la possibilità di “irrigare nuovi impianti di alberi, arbusti, aiuole e opere pubbliche”.
Scritta così sembra che l’acqua si possa usare solo per le piante appena messe a dimora, tanto che l’amministrazione sul suo portale social precisa che il divieto riguarda “l’annaffiatura dei prati”, mentre le nostre amate piante di orti, giardini e balconi si possono irrigare.
Il richiamo a comportamenti responsabili e sostenibili che sta alla base dell’ordinanza regionale e comunale è assolutamente condivisibile, anzi necessario, ma le azioni proposte sono estemporanee e lontane da quei provvedimenti strutturali che potrebbero avere una reale efficacia.
Lo stesso divieto di innaffiare i prati, almeno nel nostro ambito locale dove non ci sono ancora carenze idriche e si attinge l’acqua dall’acquifero profondo, risponde infatti solo a logiche di comunicazione, perché l’acqua eventualmente utilizzata in eccesso ritorna in falda e non si tiene conto che il disseccamento improvviso dei prati provocato dall’interruzione dell’irrigazione determina conseguenze sugli insetti e relativa catena alimentare.
Nell’ordinanza non ci sono limitazioni rispetto agli orari di utilizzo dell’acqua: l’introduzione di fasce orarie notturne per l’irrigazione avrebbe ad esempio ridotto l’evaporazione che si determina durante le ore diurne caratterizzate in questi giorni da temperature molto elevate.
Durante la pandemia la cura delle piante, la manutenzione di balconi e giardini era stata considerata un’attività essenziale, tanto che vivai e fioriti erano rimasti aperti mentre tutto il resto era bloccato. Oggi tutto questo non conta più e le piante possono morire, di sete. Eppure ci hanno aiutato a vivere un po’ meglio durante il confinamento per il Covid, cerchiamo ora noi di aiutarle a superare questo periodo critico.
C’è però un tema più generale, perché si possono e si devono usare comportamenti più virtuosi che riducano gli sprechi dell’acqua, ma è nello stesso tempo necessario utilizzare una base analitica che consenta una pianificazione della risorsa idrica, dall’altra occorre realizzare interventi strutturali che consentano di limitare l’uso dell’acqua potabile solo per scopi alimentari, per tutti gli altri si devono poter usare acque di recupero.
Per il primo aspetto sappiamo che a Cernusco il consumo pro-capite giornaliero è di 194 litri*, un po’ più elevato della media regionale pari a 189 litri per abitante al giorno (la Lombardia ha il primato nazionale dei consumi). Dunque uno dei primi obiettivi deve essere quello di una riduzione dei consumi giornalieri e questo deve essere un elemento che l’amministrazione deve tener d’occhio nel tempo insieme a CAP Holding, il gestore del servizio idrico.
Un altro elemento è il monitoraggio delle perdite: Cernusco rientra all’interno di un complesso sistema di rete idrica, ma è importante che l’amministrazione chieda conto al gestore della situazione di questo parametro che è anche indice del grado di efficienza del sistema.
Ma l’elemento più importate è la realizzazione di una rete delle acque reflue che ne consenta l’utilizzo per scopi non alimentari. In molti comuni i giardini vengono irrigati grazie al riutilizzo delle acque reflue, attraverso una rete dedicata che ne consente la distribuzione diffusa. E’ giunto il momento di sollecitare il gestore perché muova investimenti questa direzione. D’altra parte il Gruppo CAP è una società a capitale pubblico partecipata dagli Enti Locali, dunque anche Cernusco ha la sua quota e può far sentire la sua voce.
Nello stesso tempo Cernusco ha una rete di rogge e canali, realizzata nel tempo a partire dai monaci cistercensi e poi ulteriormente sviluppata dai Visconti con il Naviglio della Martesana, sino alle diramazioni del canale Villoresi alla fine dell’800. Molte rogge sono abbandonate e malridotte, meriterebbero una seria riqualificazione andando così a ricostituire quella importantissima rete irrigua che aveva consentito lo sviluppo agricolo della pianura.
Rilanciamo inoltre qui la nostra proposta dell’istituzione del Tavolo per il Clima, perché la crisi idrica è solo un aspetto dell’emergenza climatica che ha bisogno di un approccio sistemico per realizzare azioni di mitigazione rispetto al global warming.
Infine cogliamo l’occasione per segnalare la necessità di non abbandonare al loro destino gli alberi già piantumati il cui apparato radicale non è ancora sviluppato da raggiungere la falda. Molti non sono mai stati irrigati, nonostante il capitolato di appalto lo preveda e dunque ora si trovano in condizioni critiche. Segnaliamo qui i poveri liquidambar di via Gatti.
Salviamo dalla sete le aiuole di villa Greppi e con loro le piante dei nostri giardini e balconi, le nostre alberature, innaffiamo di notte e ripristiniamo le rogge.
Usiamo l’acqua in modo attento e sostenibile, ma non condanniamo a morte le piante.
E’ un problema di inadeguatezza dei regolamenti (fermo al 1994), ma pure di mancanza di cultura ambientale sia da parte dei privati che dell’amministrazione. Se infatti diamo un’occhiata anche al formulario che occorre compilare per ottenere l’autorizzazione all’abbattimento scopriamo che i motivi possono essere:
prescrizioni del diritto pubblico
un’utilizzazione ammessa secondo la norma urbanistica non può altrimenti essere realizzata o possa esserlo solo con limitazioni essenziali,
dall’albero provengono pericoli per persone o cose che non possono essere evitati in altro modo e con una spesa ammissibile,
albero ammalato la cui conservazione non sia possibile con una spesa tollerabile,
prevalenti interessi pubblici in altro modo non realizzabili,
bene della collettività
Il punto 1 possiamo immaginare che si riferisca alle rispetto delle distanze dai confini; il punto 2 non lo abbiamo capito; i punti 3 e 4 che si riferiscono allo stato dell’albero sono più chiari, specie se accompagnati da una perizia tecnica, ma i riferimenti alla spesa ammissibile e tollerabile con cui evitare il taglio dell’albero sono del tutto arbitrari; per il punto 5 pensate a tutti gli alberi sacrificati per costruire strade inutili (quanti alberi sono stati tagliati per la TEM?); il punto 6 mette in contrapposizione l’albero con un bene della collettività, anche questo un concetto che fatichiamo a comprendere.
Vorremmo quindi avere chiarimenti da parte dell’amministrazione rispetto ai motivi proposti e, nello stesso tempo, segnalare la necessità di un aggiornamento della modulistica richiesta per l’abbattimento degli alberi.
Intanto per chi volesse saperne di più sugli alberi e la loro importanza riportiamo la nostra clip di presentazione della video conferenza con Pietro Maroè del 31 marzo 2022 ed il podcast della serata.
Scoprirete perché gli alberi sono così importanti e che non possiamo più permetterci tagli dissennati.
Bene Comune Cernusco è un Ente del Terzo Settore (ETS), quindi le donazioni in suo favore godono dei benefici fiscali previsti dalla legge.
Puoi anche destinare il 5 per 1000 a Bene Comune Cernusco ETS, utilizzando il codice fiscale 91583990154
Tutte le informazioni a questa pagina
Bene Comune Cernusco fa parte della rete "Salviamo il Paesaggio
Cliccare sul simbolino in alto a destra per aprirla in una nuova pagina
Centraline PM2.5 e PM10
Abbiamo installato alcuni rilevatori di PM2.5 e PM10.
Cliccare QUI per vedere tutte le informazioni relative. QUI invece si possono vedere i dati raccolti in tempo reale. Questa la rete completa dei nostri strumenti
Per fornire le migliori esperienze, utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Il consenso a queste tecnologie ci permetterà di elaborare dati come il comportamento di navigazione o ID unici su questo sito. Non acconsentire o ritirare il consenso può influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.
Funzionale
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.
Ultimi Commenti: