Categoria: Verde urbano

Una nuova allerta meteo: e gli alberi?

Il platano del parcheggio fra via Buonarroti e via Caravaggio

C’è una nuova allerta meteo: nella notte arriveranno precipitazioni temporalesche che in alcuni settori lombardi potranno essere molto intense ed abbondanti. 

Potete consultare sia l’avviso emesso dalla Regione Lombardia che il

In questo periodo l’Italia ha vissuto eventi terribili, legati, palesemente, alle conseguenze del cambiamento climatico.
Di fronte alle drammatiche immagini di quel che è accaduto, al Nord, come al Centro, come nel Meridione, tante discussioni sulla fondatezza dei rischi, sul livello dell’allarme, sul grado di preoccupazione che è giusto avere per la realtà che stiamo sperimentando, appaiono sorprendenti.
Occorre assumere la piena consapevolezza che siamo in ritardo.
Bisogna agire, da una parte cercando di incrementare l’impegno a salvaguardia dell’ambiente e per combattere le cause del cambiamento climatico.
Sappiamo che sarà un impegno difficile, su scala globale, i cui effetti vedremo nel tempo.
Dall’altro lato, è necessario operare per contenere già oggi gli effetti dirompenti di questi cambiamenti, predisponendo strumenti nuovi e modalità di protezione dei territori, che consentano di prevenire e attenuare gli effetti dei fenomeni che si verificano sempre più di frequente.

Abbiamo tutti sotto i nostri occhi gli effetti prodotti dagli ultimi eventi, colpiscono in particolare le decine (in alcuni comuni, centinaia e migliaia a Milano) di alberi sradicati o danneggiati, un vero proprio tesoro perduto.

Ci soffermiamo sugli alberi perché davvero sconcertano le loro condizioni: apparati radicali divelti e tronchi schiantati sono ovunque nelle nostre città, dai marciapiedi ai parchi. Ci si interroga sul perché alcuni alberi abbiano resistito ed altri invece siano stati abbattuti, con tronchi spezzati o divelti sin dalle radici.

Le piante sono nostre alleate nel contrasto al cambiamento climatico grazie alla loro capacità di catturare anidride carbonica, ma possono essere fragili ed esposte: dobbiamo imparare a prenderci cura del nostro verde e valutare le conseguenze che producono sulla salute futura della pianta e sulla sua stabilità un impianto sbagliato ed una cattiva manutenzione. E tutti possono fare la propria parte: dai cittadini, ai condomini, all’amministrazione comunale. A quest’ultima lanciamo un appello perché occorrono criteri nuovi di manutenzione del verde pubblico e privato. 

Bene Comune Cernusco ha proposto il mese scorso al parco Est delle Cave un progetto di mappatura degli alberi attraverso un applicativo software che consente di effettuare anche una prima valutazione di stabilità. Potrebbe essere esteso ai comuni in modo da consentire un censimento delle alberature stradali e degli alberi dei parchi. Nello stesso tempo riteniamo che agli alberi vada dedicata più cura ed attenzione e sia necessario introdurre anche sistemi di valutazione della stabilità (dall’osservazione visiva ai pulling test per stabilirne la resistenza ai venti). Potrà sembrare un oggi costo eccessivo, ma ci preserverà domani dalle spese necessarie a far fronte ai ripristini ed al risarcimento dei danni, oltre a conservare per il futuro le chiome dei nostri alberi.

Di che suolo parliamo?

Il 5 dicembre, giornata dedicata al suolo su iniziativa delle le Nazioni Unite e la FAO per far crescere la consapevolezza sulla sua importanza per la vita umana, è stato praticamente ignorato, sebbene l’erosione di suolo libero costituisca ormai un’emergenza: l’Italia perde 2 metri quadri di suolo al secondo e la progressiva impermeabilizzazione del territorio, collegata all’intensificazione dei fenomeni meteo estremi, determina conseguenze devastanti sulle aree più fragili.

Anche a Cernusco la giornata del suolo è passata sotto silenzio, un silenzio assordante dopo l’approvazione estiva della variante del Piano di Governo del Territorio con cui verranno costruiti sui prati di via Cevedale più di 10.000 mq di palazzi e un nuovo campo da baseball prenderà il posto del secolare campo del Gaggiolo.

Il tutto però, ci raccontano, a consumo di suolo zero, perché i campi di via Cevedale erano già considerati edificabili dal vecchio piano regolatore e il PGT non ne ha modificato la destinazione e dunque, dal punto di vista teorico, non c’è consumo di suolo. Una narrazione mistificante: la realtà è che fra qualche mese al posto dei campi verdi vedremo palazzi e al posto del prato del Gaggiolo dove cacciano gli insetti le rondini che nidificano nella vicina cascina, un campo da baseball. E nessuna compensazione potrà restituirceli.

Dal 2011, anno di approvazione del PGT, sono cambiate molte cose, soprattutto è cresciuta la consapevolezza culturale delle conseguenze che la perdita di aree verdi determina per l’ambiente e le comunità. In dieci anni e, soprattutto, nei tre anni di discussione sulla variante si potevano mettere in atto misure volte a preservare le aree verdi di Cernusco per sottrarle alla speculazione immobiliare e per evitare consumo di suolo per realizzare strutture che avrebbero potuto essere costruite su aree di minor pregio ambientale.

Sarebbe stata una scelta onerosa per il contenzioso da sostenere con gli immobiliaristi sui mancati guadagni, ma sono ormai diverse le amministrazioni coraggiose che hanno visto riconosciuta dal punta di vista giuridico la volontà di preservare le aree verdi rimaste come di interesse preminente per la comunità rispetto agli interessi privati.

Ma in gioco non ci sono solo gli interessi privati: capita che vengano sacrificate aree ancora verdi anche per strutture pubbliche. È accaduto con il polo scolastico di via Goldoni realizzato sui prati della cascina Galanta, accadrà per il già citato campo da baseball sui prati del Gaggiolo ed è in programma per il giardino della scuola primaria del plesso di via Don Milani su cui verrà costruito un nuovo nido.

Che siano strutture di pubblica utilità non cambia la sostanza: è il verde che sarà cancellato per sempre e con il verde perderemo la biodiversità che porta con sé.

Consideriamo grave la mancata valutazione delle alternative: in tutti i casi citati non sono state prese in considerazione soluzioni che prevedessero il riuso di altre aree già compromesse, di minor pregio ambientale o funzionalità sociale.

Realizzare il nuovo nido a spese del giardino della scuola primaria è l’indicatore esplicito di come vengano considerate le aree verdi e la biodiversità: significa che sono una merce a disposizione, da poter utilizzare in funzione di esigenze private e pubbliche.

Ma i beni ambientali sono beni comuni, non sono a disposizione: devono essere tutelati e, soprattutto, devono essere valutate tutte le alternative praticabili per la loro conservazione.

Il giardino della scuola di via Don Milano ha avuto il merito di rompere il silenzio sul consumo di suolo, ha fatto capire cosa significhi perdere un prato, perdere gli alberi sotto cui si gioca, reso palesi le conseguenze della perdita della funzione sociale di un bene ambientale.

Bene Comune Cernusco condivide le perplessità dei genitori del consiglio d’Istituto e del Comitato dei Genitori dell’Istituto Rita Levi Montalcini che chiedono all’amministrazione un ripensamento ed una più attenta valutazione del progetto.

#Alberi: un investimento per il futuro

Abbiamo visto come purtroppo a Cernusco basti poco – le foglie, gli aghi, l’ombra, i rami fuori sagoma – a giustificare l’abbattimento di un albero.

E’ un problema di inadeguatezza dei regolamenti (fermo al 1994), ma pure di mancanza di cultura ambientale sia da parte dei privati che dell’amministrazione. Se infatti diamo un’occhiata anche al formulario che occorre compilare per ottenere l’autorizzazione all’abbattimento scopriamo che i motivi possono essere:

  1. prescrizioni del diritto pubblico
  2. un’utilizzazione ammessa secondo la norma urbanistica non può altrimenti essere realizzata o possa esserlo solo con limitazioni essenziali,
  3. dall’albero provengono pericoli per persone o cose che non possono essere evitati in altro modo e con una spesa ammissibile,
  4. albero ammalato la cui conservazione non sia possibile con una spesa tollerabile,
  5. prevalenti interessi pubblici in altro modo non realizzabili,
  6. bene della collettività

Il punto 1 possiamo immaginare che si riferisca alle rispetto delle distanze dai confini; il punto 2 non lo abbiamo capito; i punti 3 e 4 che si riferiscono allo stato dell’albero sono più chiari, specie se accompagnati da una perizia tecnica, ma i riferimenti alla spesa ammissibile e tollerabile con cui evitare il taglio dell’albero sono del tutto arbitrari; per il punto 5 pensate a tutti gli alberi sacrificati per costruire strade inutili (quanti alberi sono stati tagliati per la TEM?); il punto 6 mette in contrapposizione l’albero con un bene della collettività, anche questo un concetto che fatichiamo a comprendere.

Vorremmo quindi avere chiarimenti da parte dell’amministrazione rispetto ai motivi proposti e, nello stesso tempo, segnalare la necessità di un aggiornamento della modulistica richiesta per l’abbattimento degli alberi.

Intanto per chi volesse saperne di più sugli alberi e la loro importanza riportiamo la nostra clip di presentazione della video conferenza con Pietro Maroè del 31 marzo 2022 ed il podcast della serata.

Scoprirete perché gli alberi sono così importanti e che non possiamo più permetterci tagli dissennati.

Video conferenza con Pietro Maroè – 31 marzo 2022

A colloquio con Pietro Maroè, giovane argonauta che con passione studia e cura gli alberi, con un grande sogno, salvare il modo.

C’è ancora speranza per questo mondo. Dicono che sia sempre l’ultima a morire. Il cambiamento parte da ciascuno di noi, dalle scelte di ognuno di noi.

La vita è un’evoluzione continua e inarrestabile, un perpetuo adattamento, da quando veniamo al mondo a quando lo lasciamo. E la strada nel mezzo stabilisce chi sei.

Pietro Maroè ci racconta come ci sia bisogno di una nuova forma di società, che ci permetta di non estinguerci con le nostre stesse mani, dove gli alberi costituiscono un modello da seguire, un esempio di comunità organizzata dove le risorse vengono utilizzate in modo parsimonioso, senza che nulla vada buttato.

Dunque non sono affatto elementi dell’arredo urbano come spesso vengono considerati. Da qui la nostra provocazione del titolo.

Un’occasione da non perdere: giovedì 31 marzo – ore 21

di seguito le credenziali per la videoconferenza sulla piattaforma Zoom.

Entra nella riunione in Zoom 
https://us06web.zoom.us/j/88449731608?pwd=YmU2WHJHeGwvV29NWTlJSEZVWmdBZz09

ID riunione: 884 4973 1608 
Passcode: 738712 
Un tocco su dispositivo mobile 
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L’azzurro infinito degli alberi: colloquio con Pietro Maroè

… Ma d’altronde, a chi può interessare che l’Italia è prima in Europa per flora autoctona?

E’ la domanda che Pietro Maroè pone nel suo ultimo libro “L’azzurro infinito degli alberi” ed è una domanda senza risposta o, meglio, con una desolante risposta.

Eppure l’Italia, con ben 8.195 tra specie e sottospecie, di cui 1.708 endemiche, ovvero esclusive del territorio italiano, è al primo posto in Europa per la biodiversità della flora autoctona, dunque un elemento che dovrebbe renderci più consapevoli della necessità di attenzione nei confronti dell’ambiente che ci circonda.

Di questo e molto altro parleremo con Pietro Maroè giovedì 31 marzo alle 21 in videoconferenza (a breve invieremo il link).

#viaggiofraglialberi: incontro con Pietro Maroè

Il rapporto fra gli alberi e la città è complicato: sono parte dell’identità stessa e della storia di molti quartieri, ma nello stesso tempo è proprio la loro manutenzione e conservazione che costituisce una sfida fra le esigenze delle piante e quelle dei cittadini che spesso dimenticano, fra foglie cadute e radici sporgenti, il ruolo essenziale degli alberi.

Ne parliamo giovedì 31 marzo alle 21,00 con Pietro Maroè, giovane arbonauta che ha deciso di studiare, misurare e soprattutto curare gli alberi.

A breve il link per il collegamento in video conferenza

Per gli alberi il tempo è un concetto relativo. Praticamente non muoiono se non per cause esterne e, anche in quel caso, sono talmente ben organizzati che non muoiono con facilità. Il tempo passa in secondo piano.

L’albero, semplicemente, aspetta.

Aspetta il momento giusto per germinare, per fare le foglie, per fiorire. Poi aspetta il momento giusto per fare i frutti e lasciarli cadere, così come per le foglie, come se anche quella che è la sua principale fonte di sostentamento fosse comunque qualcosa di effimero.

Forse anche noi dovremmo prendere esempio da questi custodi dell’azzurro del cielo.

anticipazione da “L’azzurro infinito degli alberi” di Pietro Maroè

#alberi: il Bosco del Fontanone

Il Bosco del Fontanone

Durante tutta la carriera scolastica riceviamo soltanto brandelli di conoscenze in ambito ecologico, insufficienti per stimolare la nostra curiosità e volontà di approfondimento. Il risultato è che non sviluppiamo alcuna sensibilità in materia. Azioni virtuose, come il corretto conferimento dei rifiuti o guidare un’auto ibrida sono il minimo sindacale, utili a non fare troppi danni e a lavare la propria coscienza. Troppo poco per migliorare l’ambiente in cui viviamo.

Cernusco sul Naviglio spicca, oltre che per la condizione socioeconomica nettamente superiore alla media nazionale, per una reputazione “verde” rispetto alle cittadine contigue. I parchi lungo il Naviglio, sapientemente curati nei punti di attraversamento, assolvono perfettamente all’immagine “green” che le amministrazioni comunali amano trasmettere e convogliano l’attenzione degli stessi cittadini, perennemente alla ricerca di un contatto con la natura.

Nel frattempo però, si continua a spargere cemento in ogni direzione.

Le varie amministrazioni comunali hanno dato prova in passato (e continuano a farlo), attraverso le famigerate varianti al PGT, di saper piegare le leggi della matematica e della fisica arrivando a dimostrare contortamente che più si costruisce, più aumenta il verde, attraverso meccanismi che portano il Comune ad acquisire terreni non edificati per incrementare il “verde pubblico” in cambio di permessi di costruire in altri lotti di costruttori privati. L’unico concreto incremento cui stiamo assistendo, in realtà, è quello dei metri cubi di cemento, anno dopo anno.

Qualcosa non torna.

È proprio il concetto di “verde” ad essere distorto. Il pericolo è non riuscire più a concepire alcunché di diverso dal Parco dei Germani, di abituarci ad una natura totalmente addomesticata, piegata, standardizzata, di preferire il verde di un campo da golf a quello di un bosco spontaneo.

A Cernusco c’è un campo da golf, riservato ai soci del Contry Club, e c’è anche un bosco, aperto a tutti. È il “Bosco del Fontanone”, una piccola selva a nord della città che merita un approfondimento.


Non si tratta di un relitto dei boschi planiziali che secoli fa ricoprivano la pianura padana ma, più prosaicamente, è l’evoluzione di una sorta di rimboschimento attuato nei primi anni ’80, tra l’altro con metodologie che oggi troveremmo quanto meno approssimative.

Il bosco rientra in toto nel perimetro del mitico quanto evanescente “PLIS (Parco locale di interesse sovracomunale) Est delle cave”, e potrebbe costituirne un punto focale, se solo il PLIS godesse di qualche tutela degna di questo nome.

Nell’impianto originario furono piantumate, assieme ad alcune essenze nostrane, due specie altamente invasive che oggi nessuno oserebbe infilare in un bosco: la robinia e la quercia rossa, entrambe di origine nordamericana. La prima si caratterizza per l’elevata invasività nei primi anni, ma è poco longeva; la seconda invece cresce rapidamente e già dopo pochi anni produce ghiande in abbondanza e con alto tasso di germinabilità. Inoltre, la quercia rossa è una specie longeva, per cui, nel lungo periodo, potrebbe impadronirsi di tutto il bosco causando una grave riduzione delle specie autoctone.

Per ovviare a questo problema nel 2015 il Comune, grazie a risorse provenienti da oneri di urbanizzazione e stanziamenti della fondazione Cariplo, decise di “riqualificare” il bosco. Termine che, associato ad elementi naturali, provoca senso di allarme e repulsione, come se la natura tendesse a dequalificarsi da sola.

 In tale “riqualificazione”, oltre all’espianto delle due principali specie infestanti (robinia e quercia rossa) erano previsti i rifacimenti dei sentieri con pietrisco (quindi introducendo un materiale che, seppur naturale, non è presente in questa zona) e la piantumazione di essenze locali, tra cui alcune di cui il boschetto era privo.

Solitamente, quando si taglia un bosco, il proprietario non solo non affronta spese, ma spesso ci guadagna, perché viene pagato da chi provvede al taglio, il quale poi venderà la legna che si sarà prodotta. Ma in questo caso non è successo.

Tuttavia l’aspetto principale della vicenda riguarda la valutazione sui risultati attesi, dopo 5 anni.

Le robinie, che dovevano essere estirpate in un’ampia parte del bosco, sono palesemente aumentate di numero, e con rinnovato vigore. La robinia è sì poco longeva, ma se la si taglia alla base produce polloni in gran numero che crescono molto più velocemente delle specie autoctone (farnia, frassino, acero…) finendo per soffocarle e impossessandosi di estese porzioni di bosco, con grave riduzione della biodiversità. Ci sono quindi due strategie: o le si lascia morire di vecchiaia (già dopo 30/40 anni la robinia mostra evidenti segni di declino) incentivando altre specie che pian piano iniziano a crescere sotto di essa, oppure si adotta la scelta opposta, cioè tagliarle, purché si intervenga strappando i polloni fino a che il ceppo non ne produce più. In questa seconda modalità sono necessari, ottimisticamente, 3-4 anni di interventi continui.

L’eradicazione delle querce rosse invece ha successo se si parte dalla rimozione degli esemplari di maggiori dimensioni, intervenendo progressivamente sulle piante più giovani, in modo da ridurre di anno in anno la produzione di ghiande e quindi di nuove piante.

Anche in questo caso occorrono diversi anni di interventi mirati.

Ad oggi dobbiamo rilevare che la quercia rossa è ancora abbondantemente presente nel bosco e ad ogni primavera nascono centinaia di piccole plantule.

Riguardo le piantine autoctone messe a dimora (1250 alberi e 4450 arbusti), ne restano poche decine, la maggior parte è morta per la competizione con le piante più grandi da cui erano circondate. Un epilogo facilmente prevedibile.

Il bosco non ha potuto estendere la sua superficie, benché i campi che lo circondano siano di proprietà del Comune. Questi preferisce darli in locazione ad aziende agricole senza intaccarne minimamente i confini. Il bosco quindi c’è, ma non deve disturbare.

Non sono state create zone umide, fatto degno di nota se si considera che il nome “Fontanone” deriva dalla presenza di una risorgiva che, a causa delle escavazioni nelle cave circostanti, è ormai asciutta. A questo va aggiunto che persino la roggia che lo delimita a sud non è stata liberata dai suoi argini di cemento.

Eppure qualche segnale di ottimismo va colto: delle poche piantine sopravvissute qualcuna si spera possa raggiungere la maturità ed iniziare a riprodursi, arricchendo la biodiversità. La natura trova sempre una sua armonia, soprattutto se l’intrusione umana è contenuta e rispettosa, e riesce a regalarci scorci affascinanti.


Il Bosco del Fontanone andrebbe valorizzato (non riqualificato!) avvalendosi di tecnici professionisti che operino in sinergia con l’associazionismo locale, che con la continua osservazione e presenza sul campo traggano un quadro completo e costantemente aggiornato dello stato di fatto. I massivi interventi una tantum andrebbero evitati perché fortemente impattanti, costosi e spesso effettuati da ditte o associazioni non radicate sul territorio che non hanno al primo posto il bene comune.

Infine una considerazione: la vocazione del bosco del fontanone è quella di un ambiente naturale che unitamente ad altri, contenuti nel PLIS, andrebbe a costituire quella fascia verde di cui Cernusco ha disperatamente bisogno per restare separata dalla dilagante piovra della cintura milanese, di cui Cologno Monzese e Vimodrone fanno ormai parte. Per questa ragione il Bosco del Fontanone, come del resto il PLIS su cui insiste, deve essere inquadrato in un’ottica diversa rispetto a quella dei parchi urbani.

Il bosco è un ecosistema ricco, migliora la qualità dell’aria, della falda superficiale, spezza la bolla termica della metropoli, regala un paesaggio piacevole ed offre rifugio a piccoli mammiferi, anfibi e diverse specie di uccelli che arricchiscono e migliorano la nostra qualità della vita.

A Cernusco un piccolo bosco c’è e sta a noi proteggerlo e promuoverlo.

Gli alberi: i nostri alleati contro il caldo

Non c’è trucco e non c’è inganno, il termometro parla chiaro: sotto le fronde dei tigli di Via Verdi, uno dei pochi viali alberati rimasti a Cernusco, la temperatura è di ben 11 gradi inferiore a quella delle zone assolate della stessa via.
In questi giorni di caldo insopportabile gli alberi esercitano una preziosissima azione di mitigazione della temperatura: un condizionatore naturale, gratis, a disposizione di tutti e che non inquina, anzi, assorbe anche la CO2!

E sono proprio gli alberi dalle grandi chiome lungo le nostre strade gli alleati più efficaci.

Dunque non sacrifichiamoli, perché nessuna miglioria della viabilità potrà restituirci la loro ombra.

Gli alberi, un bene comune preziosissimo per questo e mille altri motivi, le aree naturali e in generale le risorse ambientali di Cernusco saranno al centro delle nostre iniziative autunno/inverno 2020-21.

Continuate a seguirci…