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Il parco blu degli Aironi: un ecosistema dimenticato – 24 ottobre 2019

Federico Belloni, naturalista cernuschese, ci guiderà con l’aiuto delle sue splendide foto alla ri-scoperta di ecologia e fauna del Parco Blu degli Aironi.

Sarà l’occasione per conoscere meglio le caratteristiche dei laghi risultato dell’attività estrattiva, questi ambienti particolari del nostro territorio e del PLIS Est delle Cave: specchi d’acqua dalle sponde ripidissime, molto profondi, spesso abbandonati dopo il termine dell’escavazione, ove le operazioni di ripristino sono difficili ma che con il tempo hanno finito per costituire degli ecosistemi, sia pur con i limiti di evoluzione e complessità propri di un ambito di origine artificiale.

La conoscenza di questi ambienti è importante anche per capire, ad esempio, le ripercussioni che un intervento quale l’interramento del lago Gabbana può causare sulla fauna presente.

Vi aspettiamo

giovedì 24 ottobre 2019, ore 21 – biblioteca civica Livio Penati – Cernusco sul Naviglio, via Fatebenefratelli

#Gabbanaleaks: le cave cessate ed il PLIS Est delle Cave

La cava Gabbana, su cui è in corso un contestato intervento di interramento del lago di cui abbiamo parlato qui, è una delle dodici cave dismesse presenti nel PLIS Est delle Cave (sul territorio di Vimodrone ce ne sono altre tre), secondo quanto si rileva dal catasto regionale delle cave cessate:

La cava Gabbana ha il codice R/441/g/MI, evidenziata in giallo nella tabella.
Nessuna delle cave dell’elenco è stata inserita nel Piano Pluriennale degli Interventi del PLIS Est delle Cave in fase di approvazione da parte dei consigli comunali dei comuni del Parco in questi giorni, né fra gli ambiti di recupero del nuovo Piano Cave di Città Metropolitana approvato lo scorso marzo.
Eppure qualcosa si poteva fare, ma nessuno dei comuni del PLIS (Brugherio fa parte della provincia di Monza e Brianza e quindi non rientra in questo piano cave) né lo stesso PLIS ha inviato alcuna osservazione, né partecipato alla conferenza dei servizi, con la seguente giustificazione:

la competenza sulle attività di escavazione, è di Città Metropolitana e di Regione Lombardia. Con la vigente normativa, i Comuni se pur intervenendo nel processo di formazione del Piano Cave non possono che adeguarsi a decisioni di Enti sovraordinati.

Eppure il comune di Cusago ha ottenuto che la cava ATEg33-C2  posta sul suo territorio venisse stralciata dal piano, proprio grazie alle osservazioni presentate ed alla strenua difesa fatta in conferenza dei servizi dalla sindaca e dal Parco Agricolo Sud Milano che hanno difeso le ragioni di tutela ambientale dell’area rispetto alle esigenze degli operatori del settore estrattivo.  Quindi anche i comuni ed il PLIS Est delle Cave avrebbero potuto richiedere stralci e/o inserimenti in ambiti di recupero, ma non lo hanno fatto.

Per quanto riguarda il nuovo PPI del PLIS Est delle cave abbiamo già segnalato la sua inadeguatezza, non solo nel nostro Memorandum Propositivo abbiamo segnalato la necessità di una progettualità sulle cave dismesse:

Pertanto occorre pensare al parco Increa, al parco degli Aironi, ma pure alle cave dismesse e da riconvertire ad uso pubblico come le ex cave Gaggiolo e dei Pescatori, come ambiti all’interno dei quali si trovano zone che possono ospitare attività ricreative e sportive leggere insieme ad aree di rilevanza ed interesse naturalistico ed ambientale che devono invece essere oggetto di protezione da forme di disturbo.

La cava Gabbana ed il suo lago da interrare costituiscono un pericoloso precedente:

    • d’ora in avanti basterà un permesso di costruire per interrare le cave cessate?
    • il destino dei laghi di cava sarà l’interramento mascherato da rinaturalizzazione?
    • oppure sarà bene pianificare per questi ambiti una visione complessiva che coinvolga tutti i comuni con progetti che ne analizzino prima le caratteristiche ambientali, ecosistemiche e paesaggistiche?

Giriamo queste domande ai sindaci componenti il comitato di gestione, al Presidente ed al Direttore del Parco Est delle Cave che si riuniranno il prossimo 13 novembre.

Il caso Gabbana: la cava, il lago ed il progetto di interramento

1975: ricostruzione e boom economico che avevano caratterizzato gli anni post bellici con l’intenso sviluppo di costruzioni ed infrastrutture sono ormai finiti, ma sul territorio ne rimangono tracce profonde.
L’immagine del 1975 evidenzia una porzione della pianura padana ai margini orientali di Milano fra i comuni di Vimodrone e Cernusco sul Naviglio ove le cave di sabbie e ghiaie sono diventate elementi tipici del paesaggio: un’attività estrattiva forsennata e senza regole che porta via milioni di metri cubi di materiale lasciando ferite profonde. I fronti di cava perfettamente verticali coincidono con i limiti di proprietà, si scava così in profondità da arrivare sino allo sfruttamento dell’ultimo metro utile, come si vede chiaramente nell’immagine per la cava sulla sinistra  che risulta già abbandonata dopo il suo completo sfruttamento ed esaurimento. Le norme regolative dell’attività di cava che impongono metodi estrattivi meno rapaci ed il recupero delle aree post coltivazione arriveranno solo alla fine degli anni 80, così la cava ormai cessata di Vimodrone rimane un lago con sponde altissime il cui destino dipenderà dai proprietari dell’area.

 

Per molti anni sarà un’area dove si svolgevano le attività ricreative del circolo del dopolavoro della Cariplo che ha sede nella contigua cascina Gabbana, un complesso architettonico del XVIII secolo vincolato per le sue emergenze e peculiarità architettoniche ora in stato di abbandono, e che comunque caratterizza la zona cosicché per estensione finisce per identificare anche la ex cava ed il lago di risulta.

 

 

Nel frattempo però vegetazione e fauna si sono sviluppate costituendo un vero e proprio ecosistema, sia pur con i limiti di evoluzione e complessità propri di un ambito artificiale.

Lo scorso anno il nuovo proprietario fa richiesta al comune di Vimodrone di un permesso di costruire per un intervento di “riqualificazione ambientale, mediante riempimento del bacino d’acqua esistente con terra e roccia, installazione temporanea: di pesa a ponte interrata per automezzi, box adibito ufficio/pesatura e basamento per pulizia gomme automezzi”.
Il permesso viene concesso il 31 luglio 2018, la data ufficiale di inizio lavori è di maggio 2019, a luglio alcuni abitanti del palazzo che si affaccia sul lago si accorgono del cantiere a causa del taglio di diversi alberi e della realizzazione della strada ma, solo dopo l’emergere di polemiche sui social, l’amministrazione di Vimodrone puntualizza che l’autorizzazione riguarda “il riempimento della Cava con materiali puliti e il ritorno alla sua naturalità”. Il comunicato stampa non tranquilla affatto i condomini che si attivano per cercare di capire meglio cosa preveda il progetto, anche perché l’area ricade all’interno del Parco Locale di interesse Sovracomunale Est delle Cave.
Proprio in relazione al lavoro che come Bene Comune Cernusco abbiamo fatto sul PLIS siamo stati contattati dagli abitanti di Vimodrone, nel frattempo costituitisi in comitato, ed abbiamo fornito il nostro aiuto nella convinzione che paesaggio, l’aria, l’acqua non stanno nella disponibilità del proprietario dell’area o dell’amministrazione comunale ma, in quanto beni comuni, appartengono alla comunità.
E così viene fuori che i lavori sono iniziati senza gran parte della documentazione richiesta: non ci sono quindi elementi che attestino l’origine e la tipologia dei materiali di riempimento, né il piano di intervento che specifichi le modalità di salvaguardia della fauna presente nell’area oggetto dell’intervento.
Una relazione (datata luglio 2019) compare solo il 1 ottobre, è quindi posteriore all’inizio dei lavori, riguarda solo la fauna ittica del lago e delinea le modalità per interventi di cattura selettiva, ma evidenzia pure le numerose problematiche relative al trasferimento, soprattutto in relazione alla presenza delle numerose specie alloctone.
Nulla però si dice della sorte che toccherà a tutte le altre specie che comunque popolano o gravitano nell’area del lago che ormai è diventato un micro-ecosistema, dagli anfibi ai rettili, agli insetti, all’avifauna legata all’ambiente acquatico e non sino ai mammiferi, specie su cui non sono stati effettuati rilevamenti, né è previsto alcun monitoraggio.

Il riempimento del lago profondo 30 metri con 600.000 mc di materiale comporterà quindi la distruzione dell’ecosistema presente, oltre che una modifica sostanziale del contesto paesaggistico caratterizzato da più di cinquanta anni dalla presenza del lago di cava, elemento che viene evidenziato in tutti gli strumenti urbanistici (dal PGT, al PLIS, al PCTP).
Eppure viene spacciato come intervento di rinaturalizzazione.

600.000 mc in due anni: chissà se l’amministrazione ha fatto il conto di quanti camion al giorno comporti l’interramento, le sue ricadute sul traffico locale e sull’incremento delle emissioni in atmosfera. Un altro elemento legato alle esternalità di cui non si trova traccia nel procedimento autorizzativo.

Così come non si trova alcun riscontro rispetto ai problemi legati al fatto che il lago si trovi in una zona di ricarica dell’acquifero e ad elevata vulnerabilità, elementi che dovrebbero suggerire un adeguato piano di monitoraggio della falda ed un’analisi del potenziale rischio di inquinamento connesso all’immissione nell’acqua di materiali soggetti ad un controllo solo visivo in cantiere.

Nel progetto finale il lago non c’è più, al suo posto ci saranno gli alberi. Rinaturalizzato, dunque.

E qui ci fermiamo per il momento, perché c’è anche un grave problema di mistificazione del linguaggio, che distorce il senso delle parole sino a renderle irriconoscibili.
Alla prossima puntata, perché intanto gli amici del comitato di Vimodrone hanno ottenuto per il prossimo 28 ottobre un incontro con l’amministrazione.

Vi teniamo aggiornati.

a cura di Jasmine La Morgia

Facciamo il punto – incontro aperto 14 ottobre 2019

Nell’incontro aperto di lunedì 14 ottobre 2019 alle ore 21

presso la casa delle associazioni, via Buonarroti 59 a Cernusco

presenteremo

e sarà presente una delegazione di cittadini di Vimodrone per illustrare quanto sta accadendo al lago Gabbana, oggetto di un intervento di riempimento con materiali di scavo.

Quattro passi nel bosco del Fontanone

Bastano quattro passi dalle case e sei nel bosco del Fontanone.

Praticamente un bosco in città, come si vede dalla foto aerea, a cui si arriva anche con la pista ciclabile dal margine meridionale di via Falcone e Borsellino.
Un’area riforestata che segue il profilo di un antico fontanile, il Fontanile di Lodi, già segnalato nel catasto di Carlo VI del 1721 e in quello del 1865, proprio per la fondamentale importanza per l’agricoltura che avevano queste emergenze di acqua, tipiche della pianura padano-veneta. L’acqua della falda freatica riesce a risalire in superficie perché i livelli impermeabili che la racchiudono tendono a ridursi ed innalzarsi lungo il margine meridionale padano sino ad emergere in una particolare fascia della pianura chiamata appunto la fascia dei fontanili. Il fontanile di Lodi era attivo sino agli anni sessanta, poi l’attività estrattiva della vicina cava ne ha cancellato completamente l’esistenza.

La perdita di questa emergenza ambientale, che dà origine ad un microclima che favorisce l’insediamento di flora e fauna peculiari e che era utilizzata per l’alimentazione di rogge e canali, ne ha determinato anche la rimozione semantica, dal momento che il bosco vicino ha cominciato ad essere chiamato del “Legionario” oppure “parco verde delle allodole“: un’area che è parte del verde pubblico di Cernusco, l’unica – insieme al bosco di cascina Torriano Guerrina – che è riconosciuta e mappata come bosco nel Piano di Indirizzo Foresta della Città Metropolitana, ma che non è mai diventata come il famoso bosco in città milanese.

I boschi urbani sono difficili da gestire, perché hanno bisogno di attenzioni e manutenzione, ma rappresentano un patrimonio inestimabile per la comunità, spiace quindi vedere le condizioni del bosco del Fontanone che, pur essendo stato oggetto di un importante intervento di manutenzione solo due anni fa, è praticamente in stato di abbandono: i sentieri quasi ricoperti e cancellati, la segnaletica sbiadita, ma soprattutto le piante infestate dalle larve di Ifantria ed il sottobosco infestato da fitolacca.

larve di Ifantria

albero infestato da Ifantria

fitolacca

Per non parlare delle condizioni in cui sono le panchine o la struttura di tronchi installate solo tre anni fa.

 

Non cè più alcuna manutenzione, tant’è vero che lo stesso sindaco Ermanno Zacchetti finisce per ringraziare la Protezione Civile per aver ripulito i sentieri dagli alberi caduti. E solo grazie all’intervento dei volontari della Protezione Civile che è quindi possibile attraversare il bosco del Fontanone, altrimenti  impraticabile.

Eppure la manutenzione è compito dell’amministrazione comunale, ma ci chiediamo se e quando venga effettuata viste le condizioni di abbandono in cui versa il bosco.

Nel contempo  segnaliamo che questo bosco rientra nell’ambito del Parco Locale di Interesse Sovracomunale Est delle  Cave  all’interno del quale è stato realizzato il progetto di recupero che però ha mancato sia l’obiettivo di farlo diventare uno degli elementi di forza che quello di migliorarne le condizioni.

Il parco del Fontanone, insieme al parco degli Aironi ed al sistema delle aree verdi pubbliche di Cernusco, hanno bisogno di risorse finanziare ed umane, ma soprattutto di essere messi al centro di un progetto in cui la comunità si riconosce e della volontà di realizzarlo.

 

La denuncia dei paradisi fiscali europei e le vicende locali

02/07/2019 Roma,Partecipazione alla presentazione della relazione annuale della AGCM  nella foto il presidente Roberto Rustichelli

Nella relazione annuale presentata lo scorso 2 luglio il neo presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato Roberto Rustichelli ha denunciato senza mezzi termini  le “asimmetrie e distorsioni competitive” del mercato europeo, ove alcuni paesi sono diventi dei veri e propri paradisi fiscali:

La concorrenza fiscale posta in essere da alcuni Stati quali,ad esempio, l’Olanda, l’Irlanda, il Lussemburgo e il Regno Unito è utilizzata, come rilevato dalla stessa Commissione europea, dalle imprese multinazionali per porre in essere forme di pianificazione fiscale aggressiva…

… Gli investimenti internazionali si adattano alla geografia della concorrenza fiscale: l’Italia attira investimenti esteri diretti pari al 19% del PIL; il Lussemburgo pari a oltre il 5.760%, l’Olanda al 535% e l’Irlanda al 311%. Valori così elevati non trovano spiegazione nei fondamentali economici di tali Paesi, ma sono in larga parte riconducibili alla presenza di società veicolo.

Ma se alcuni Paesi ci guadagnano, è l’Unione europea a perderci, visto che i gruppi multinazionali reagiscono alla concorrenza fiscale localizzando le loro imprese più profittevoli proprio nei Paesi europei.

A questo proposito, l’Italia è certamente uno dei Paesi più penalizzati: si pensi, ad esempio, al rilevante danno economico per le entrate dello Stato causato dal recente trasferimento della sede fiscale a Londra di quella che era la principale azienda automobilistica italiana, nonché dal trasferimento della sede legale e fiscale in Olanda della società sua controllante.

I valori in gioco sono di estremo rilievo: la concorrenza fiscale genera esternalità negative che costano a livello globale 500 miliardi di dollari l’anno, con un danno per l’Italia stimato tra i 5 e gli 8 miliardi di dollari l’anno.

Una concorrenza fiscale di cui, di fatto, beneficiano le più astute multinazionali pone le imprese italiane, soprattutto quelle piccole e medie, ma anche le grandi società la cui proprietà mantiene comportamenti fiscali lodevolmente etici nei confronti del nostro Paese, in una situazione di grave svantaggio competitivo.

Inoltre, la riduzione degli introiti dovuta agli egoismi di pochi impedisce di abbassare le tasse alle imprese e ai cittadini, anzi spesso impone ai governi che la subiscono politiche fiscali più severe.

E’ dunque chiara la denuncia del presidente dell’AGMC: le società che hanno sede fiscale in paradisi fiscali europei (Olanda compresa) fanno concorrenza sleale a quelle società che mantengono comportamenti fiscalmente etici, sottraggono risorse agli introiti del nostro paese e quindi a tutti noi. Occorre quindi porre fine alle distorsioni del mercato attualmente esistenti, assicurando che l’imposta sia versata nel luogo in cui gli utili ed il valore sono generati.

E poiché dovrebbero essere le istituzioni per prime a mettere in atto comportamenti etici e forme dissuasive di quelli sleali, ricordiamo di aver sempre segnalato come sbagliata la posizione delle amministrazioni di Carugate e Cernusco che hanno intrapreso la strada di un accordo  per l’ampliamento del centro commerciale Carosello con una società che ha la sede fiscale in Olanda.

Le parole di Rustichelli oggi sanciscono che avevamo ragione: ci sono costi esterni, concorrenza fiscale sleale e distorsioni del mercato che non sono stati affatto considerato dell’accordo e che invece pesano.

Albero, devi morire

L’ordine è preciso e si rinnova ogni anno: “quell’albero deve morire” e così da cinque anni il povero albero posto alla fine del filare di via Sant’Ambrogio, un bagolaro, viene sottoposto ad un barbaro trattamento col il fine preciso di farlo morire.

Hanno iniziato con la capitozzatura nel 2014, come testimonia questa foto scattata nell’agosto di quell’anno.

Ad ogni primavera il povero bagolaro ributta, cerca disperatamente di continuare a vivere, la sue fronde scomposte che si sviluppano dal tronco segato dicono che lui continua a combattere e non vuole morire.

Ed ogni anno, più volte l’anno continuano a tagliargli i nuovi germogli. Perché accanirsi così contro un albero? Perché tagliare lui solo di un intero filare? Solo lui era malato? Ma se dopo cinque anni di torture non è ancora morto, vuol dire che forse tanto male non stava.

La stessa sorte capita a molti alberi a Cernusco, tagliati a  circa due metri di altezza e poi abbandonati al loro destino. Chi ha deciso la loro sorte? quali erano le patologie che ne hanno segnato il destino?

foto di R. M. Agrati

La stessa sorte capita a molti alberi a Cernusco, tagliati a  circa due metri di altezza e poi abbandonati al loro destino. Chi ha deciso la loro sorte? quali erano le patologie che ne hanno segnato il destino?

foto di R. M. Agrati

Bene Comune Cernusco invierà una richiesta di informazioni ambientali al comune di Cernusco per capire le ragioni di tali interventi dissennati.

 

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